Valeria Soave

Scuola Guida

Una città si può leggere anche analizzandone la circolazione stradale: il traffico e il comportamento al volante sono tra i suoi indicatori culturali fondamentali. Nelle città europee troviamo strade tutte asfaltate, grande presenza di semafori e di segnaletica verticale ed orizzontale, linee continue, tratteggiate e miste, colori diversi, cartelli di indicazione, pericolo, precedenza e prescrizione, radar per controllare la velocità e torrette di color arancione-recaudatorio per scattare foto che diventeranno multe (gli autovelox italiani, sempre più numerosi), vigili urbani che dirigono il traffico, e impersonano un ventaglio talmente ampio di regole che può diventare difficile impararle tutte, interiorizzarle e rispettarle. Lo sanno bene le persone che preparano l’esame teorico della patente di guida, che oltre ad essere corposo in termini di contenuto, in Italia è anche estremamente ostico in termini di lingua utilizzata (peggio di questo blog), soprattutto per persone non native, come vari miei alunni stranieri residenti in Italia ai quali poter guidare la macchina cambierebbe la vita. Oltretutto, i quiz di vero/falso per la patente risultano spesso un po’ surreali, quando non macchiavellici. 

La presenza nel traffico extraurbano di bambini in bicicletta, anche se affiancati, non rappresenta un rischio per chi guida un autoveicolo, data la loro modesta velocità. Falso. 

Quando le persone anziane attraversano la carreggiata bisogna tenere presente che potrebbero non guardare né a destra, né a sinistra. Vero. 

Salvo diversa segnalazione il conducente, in caso di sosta nei centri abitati, deve collocare il veicolo il più vicino possibile al margine destro della carreggiata, parallelamente ad esso e secondo il senso di marcia, purché esista il marciapiede rialzato. Non ho capito.

Sulla scia del seguente quiz:

ne suggerirei uno che dicesse: 

quando si circola in un veicolo, è opportuno prestare attenzione alla segnaletica e al rispetto delle norme, ma è altresì necessario porre attenzione a tutto quello che si verifica o potrebbe verificarsi nelle vicinanze o in lontananza, mantenendo il controllo su possibili comportamenti irregolari o imprevisti di altri conducenti, pedoni o animali. Vero.

In varie città, come ad esempio Napoli, la seconda parte di questo precetto è tenuta in considerazione da tutti quelli che la conoscono un po’ e, nonostante ad alcuni la circolazione possa sembrare un po’ ‘pazzariella’, o quantomeno poco ordinata, in realtà la capitale del sud italia è tra le ultime posizioni, insieme a Palermo (dove non sono stata) nelle statistiche delle città italiane con maggior numero di incidenti. Chi sa guidare a Napoli è anche in grado di riconoscere la persona o il conducente neo-arrivato e prevederne il comportamento. Sa che potrebbe spaventarsi, sentire smarrimento, a volte risentimento, o addirittura arrabbiarsi, cose queste che nel loro complesso compromettono il flusso della circolazione e in certa misura anche il flow delle persone.

Personalmente, ho la sensazione che la rabbia al volante, o road rage, sia più presente in certe città piuttosto che in altre e ho buone ragioni per pensare che ci sia una relazione, oltre che con vari altri fattori, con la presenza di norme e l’esigenza del loro rispetto da parte degli altri cittadini. Quando è credenza condivisa il fatto di considerare i segnali stradali come un consiglio, c’è meno rabbia, più pazienza e più attenzione all’altro e al fuori. 

In molte città africane, la circolazione non è affatto fluida, ci sono molti momenti di stasi nelle ore di punta e non. La gente lo sa, lo assume e lo accetta. È anche vero che ci sono vie parallele per arrivare a destinazione, sia immediatamente parallele alla strada principale (il pezzo attiguo laterale non asfaltato) o altre strade a zigzag dentro ai quartieri, anch’essi non asfaltati, con possibili buche che aumentano l’attenzione del conducente e funzionano anche da rallentatori. A proposito, a Dakar ho visto mettere dai vicini del quartiere delle grandi funi appoggiate tra un lato e l’altro della strada a mo’ di dossi rallentatori, e funzionano molto bene. La mettono al mattino e la tolgono di notte, o no. Una volta, sempre a Dakar, un tassista attempato ed esperto ha fatto un discreto tratto di strada in direzione contraria, indicandolo con la mano fuori dal finestrino, per poi immettersi nella corsia giusta in direzione del posto in cui dovevo andare. Ma si sa, i taxi gialli fanno quello che vogliono, e sì, in questo senso sono prevedibili. Le strisce pedonali non ci sono, né a Dakar, né in Gambia, né in Marocco (forse ci provano a Rabat e Marrakech), attraversi dove vuoi al momento opportuno, prestando attenzione più che alla macchina, a chi la conduce, e si aspetta molto meno tempo che contando i secondi di un semaforo prima che appaia l’omino verde. Si evita anche di accelerare il passo da lontano perché non diventi rosso e ti tocchi aspettare. In Italia le strisce pedonali ci sono, ma se non c’è un semaforo, è come se non ci fossero. A poco a poco si sta diffondendo l’abitudine dei conducenti di fermarsi per far attraversare i pedoni, anche se, a differenza della Spagna, rimane una prassi discrezionale. Prima, la cosa normale era che il pedone aspettasse il momento in cui non ci fossero macchine per poter attraversare, come in qualsiasi altro posto della carreggiata. Il vantaggio era che se ti investivano sulle strisce, avevi ragione tu.

Di qui il quesito spiccatamente italiano dell’esame teorico della patente made in Italy:

In molte culture non c’è la personificazione della macchina, della moto o del monopattino elettrico come potenziali pericoli per l’umanità, soprattutto infantile e senile: l’attenzione va piuttosto agli umani alla guida (finché ci sono) che non hanno nessun interesse a provocare un incidente. Nel caso, c’è la percezione della fusione tra umano e veicolo. Da come si muove il veicolo abbiamo un’idea di com’è chi lo conduce, se ha fretta, se è presente o assente, se è educato, se ti ha visto, o se non è giornata. Un po’ come quando vai a passeggio con il cane e vedi altri cani con altri padroni. Guardi il cane, guardi l’umano con cui va, ma spesso, per fare prima, guardi l’ibrido che si produce da questa relazione e decidi se è il caso di assecondare l’idea del tuo cane di avvicinarsi scodinzolando, oppure meglio un’altra volta.

Nella città dove abito in Andalusia, Cádiz, più o meno la stessa latitudine di Palermo, le strade sono ben asfaltate, pulite, ben tenute, le linee ben visibili, con molti semafori e molti segnali. E sono poche, perché la città è piccola e intorno c’è il mare. Una volta in macchina mi sono fermata in una avenida per far finire di attraversare un pedone azzardato fuori dalle strisce e il conducente della macchina dietro mi ha suonato sonoramente il clacson. Un’altra volta, da pedone, ho attraversato la strada senza premere il bottone del semaforo e aspettare il verde, facevo in tempo anche senza dover accelerare il passo, e un altro conducente, quando mi ha visto da lontano, ha cominciato a suonarmi il clacson per un tempo incalcolabile. Non avevo rispettato le regole (e non mi stavo affrettando con timore), in questo caso, e nel primo caso, ero stata complice di qualcuno che non le stava rispettando. Come biasimarli! 

Quando si osserva il traffico degli uccelli in volo, alcuni vanno in stormi come fossero una nuvola in più, poi si separano e si ricompongono, altri sono moltitudini rapide che vanno da una parte all’altra all’impazzata, come le rondini all’imbrunire, altri ancora vanno in frotta e un po’ dove capita (il volo mezzo ubriaco degli avvoltoi) altri si ammassano sui cieli delle rive traboccanti di barche di pescatori e pesci, altri vanno in coppia, qualcuno va solo. Ma nessuno si sbatte addosso.