In una serie di Netflix di cui non farò il nome per non fare spoiling e che ho visto grazie a un’alunna che me l’ha consigliata, si inventa una macchina del tempo con la quale si retrocede per deviare il corso degli eventi in modo tale che, come conseguenza collaterale o secondaria, è altamente improbabile che quella macchina del tempo si arrivi mai a inventare. Il futuro in cui esiste questa macchina, creata grazie a importanti scoperte nel campo della fisica, appare estremamente ordinato, tranquillo e silenzioso, pieno di luci, macchine intelligenti e con aria pulita da respirare. Una smart city ecologica e tecnologica in cui nulla è lasciato al caso. Probabilmente tutti i cittadini hanno una app per misurare e denunciare gli eccessi di co2 nell’aria e quelli di inquinamento acustico, di certo anche una per monitorare il consumo energetico di ogni attività. Le automobili sono elettriche, aeree e intelligenti anche loro, ti parlano, ti portano dove vuoi, ti avvisano del parcheggio più vicino (addio parcheggiatori informali). I guasti si riparano in men che non si dica, tramite app. Tutto all’insegna dell’efficienza eco-sostenibile wireless. I cittadini partecipano alla progettazione e gestione pubblica tramite app e tramite l’entusiastica elargizione dei propri dati a una governance buona che costruisce e mantiene il sogno utopico solarpunk.
Ma nel reame pedonale della città intelligente, perché non considerare anche l’integrazione del mondo animale? Pecore e mucche che pascolano nei parchi, bevono nel lago artificiale, capre montate sugli alberi, cavalli e asini che trainano carretti eco-sostenibili, galline, pavoni e oche che razzolano nelle geometrie metafisiche delle piazze tra le aiuole, gli alberi, i sampietrini e il sole riflesso nei vetri dei palazzi e dei pannelli solari. Muggiti, qualche belato, il canto degli uccelli, il nitrito di un cavallo che zoccola sull’asfalto, qualche raglio di asino, cicale che friniscono e allodole che trillano. O gli uccelli, insetti, animali che ci siano, secondo la latitudine e il clima. A Toronto, Londra, Singapore, Johannesburg o Dubai. Gli animali sono intelligenti e green, hanno molto da insegnare, vivono nel presente e non si preoccupano, l’interazione con l’ambiente umano non può che essere beneficiosa, avranno il loro microchip e perché no, anche una body-cam.
Nella smart city del film si vede solo il gatto della vicina della protagonista, costantemente preoccupata perché è uscito dalla finestra ed è andato sul cornicione. Per come girano gli eventi, grazie a un intervento dal futuro smart con la macchina del tempo, con molta probabilità neanche la smart city si arriverà mai a costruire, e la serie finisce con uno sguardo sul presente dei giorni nostri in una città europea: le macchine, i clacson, le manifestazioni di estrema destra, i semafori e le luci dell’imbrunire. Tutto un ordine poco composto, ma tutto sommato accettabile.