I libri di Jhumpa Lahiri scritti direttamente in italiano sono una benedizione per chi studia italiano come lingua straniera e vuole leggere letteratura in questa lingua. Il resto dei libri italiani, anche quelli per bambini e per ragazzi, risultano estremamente difficili e trattano il lettore non nativo come un estraneo. Parole mai sentite, tempi verbali e connettivi inconsueti nel parlato, sintassi poco comprensibile e troppo articolata: in italiano anche leggere Cappuccetto Rosso, per quanto conosciuta sia la storia, risulta un’esperienza frustrante. L’italiano scritto in sé è sempre difficile, dalla burocrazia al test della patente, dai libri di testo delle scuole elementari agli articoli di giornale: scrivere in italiano diventa automaticamente una prova di virtuosismo, anche con una lettera di reclamo, anche in questo blog…
I bambini italiani con genealogia italiana interiorizzano questa lingua scritta fin da molto piccoli, attraverso racconti e libri scolastici, ma per chi impara l’italiano come lingua straniera risulta una montagna da scalare, in quanto molto distante da quella parlata. I libri di Lahiri non rispondono al criterio di invenzione linguistica dei grandi scrittori italiani, vorrei vederlo Moravia che scrive in inglese ‘I racconti newyorkesi’, né ai criteri di giudizio della critica letteraria e del lettore italiano esperto, ma chissenefrega: la sua lingua semplice comunica idee e analogie originali che riflettono lo stato di costante apprendimento di chi sente di avere molteplici appartenenze (o nessuna) come nel caso delle persone che hanno avuto percorsi migratori compositi o che sono nate in Italia da genitori stranieri. Italiano per persone che si sentono straniere ovunque.