Valeria Soave

Il trattamento dell’errore

Da un certo punto di vista, anche secondo la teoria dell’informazione di Shannon, l’errore è l’elemento dove si concentra la maggiore quantità di informazione. Se è vero che un errore può pregiudicare il funzionamento di una macchina, l’esecuzione di un brano di musica classica, l’andamento di una relazione, il voto di un esame, la cura di una malattia, la vittoria di un mondiale di calcio o il conseguimento della patente di guida, è anche vero che un errore può corrompere una comunicazione fino ad arrivare ad annullarne il messaggio.

Immaginiamo questa conversazione:

  • A che ora posso andare a casa tua?
  • Senti, non si dice ‘andare’, ma ‘venire’. Si usa venire se vai nel posto dove si trova il tuo interlocutore, se dici ‘andare’ significa che il tuo interlocutore non è lì. È come se venissi a casa mia e io non ci fossi. Se vieni a casa mia e io sono lì, come è normale, e se è con me che stai parlando, devi dire ‘venire’. Hai capito?
  • Sì, grazie. E quindi a che ora?

In questa comunicazione, non del tutto inverosimile, l’errore squalifica il messaggio e disloca la comunicazione sulla lingua invece che sulla risposta all’informazione richiesta, in modo non del tutto corretto (ma sì, va detto, comprensibile). Ci si potrebbe interrogare sulla paternità dell’errore in questo caso, Chi sbaglia? Chi corregge ha idea di come e quando è utile fare una correzione? Se è vero che a volte l’interlocutore non è così esplicito come qui e non ha tutto questo zelo nell’improvvisarsi insegnante, è anche vero che molte persone madrelingua, pur non facendolo presente, di fronte a un errore storcono il naso e soffrono una lieve dissonanza cognitiva che spesso offusca loro il contenuto del messaggio.

Da un punto di vista più didattico, dove si spera che una conversazione così non abbia mai luogo in nessun caso (il filtro affettivo e la frustrazione in questo caso potrebbero ostacolare l’apprendimento), ci si può anche interrogare sulla provenienza dell’errore: che informazione ci apporta? Questo errore, tipico del parlante ispanofono, è giustificato dal fatto che in spagnolo ‘andare’ e ‘venire’ funzionano in un altro modo, perché si considera il movimento della persona e non la posizione del suo interlocutore. Se la spiegazione a livello astratto può risultare utile, ancora più utili sono gli esempi, cioè ascoltare frasi con ‘andare’ e ‘venire’ in situazione. In questo senso, c’è uno strumento molto utile che si chiama Youglish, che offre una serie di esempi presi da video di youtube, dove si sente pronunciare la parola o locuzione che cercate in diversi contesti autentici di italiano (e di varie altre lingue).

Il margine di tolleranza di un errore è situazionale, dipende dalla persona, dalla sua benevolenza, dalla confidenza con l’altra e anche dalla cultura di appartenenza. Ci sono culture poco tolleranti verso l’errore linguistico: in Italia normalmente le persone straniere vengono perdonate, a differenza del caso citato, ma le persone italiane tra loro, quando fanno errori, si mettono alla gogna. Ti basta sbagliare un congiuntivo, soprattutto a certi livelli, perché il tuo interlocutore o l’astante arrivi immediatamente a questionare il modo in cui tu sia arrivato a quella posizione. Probabilmente con una buona raccomandazione, o ‘spintina’, quindi non certo per i tuoi meriti e la tua competenza. Forse la laurea l’hai comprata, o non ci sei mai arrivato/a. Vergogna. E quello che volevi dire non arriva a destinazione, l’errore contiene molta più informazione.

Per chi parla o capisce il francese, arrivate al numero tre di questa lezione sui numeri in arabo marocchino (minuto 1’30’’) e capirete sicuramente meglio quello che voglio dire.